via Chiusa Pesio 8 - Cuneo.
[dal comunicato stampa]
Le categorie generalmente presenti nelle Wunderkammern erano naturalia, artificialia, scientifica, e talvolta exhotica. Tra i naturalia erano compresi tutti i reperti provenienti dal mondo della natura, ordinati secondo i quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco) o secondo i tre regni (minerale, vegetale e animale).
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Presentazione della mostra a cura di Alessandro Abrate
“È del poeta il fin la meraviglia”
B. Marino
Tutto gira intorno alla Wunderkammer: la camera delle meraviglie è spunto, riferimento, concetto, interpretazione, un’idea che si concretizza in lavori dove lo stupore, l’accumulo – o meglio l’accostamento – e se vogliamo una sorta di elenco visivo (cfr. Umberto Eco, Vertigine della lista), così come certe visioni, si vengono a confrontare. In fondo, anche nelle sue precedenti ricerche, Claudio Signanini aveva, forse latenti, forse appena suggeriti, indirizzato i suoi interessi – sguardi e ispirazioni – verso il fascino che gli accostamenti – a volte volutamente azzardati – possono suscitare. Perché Claudio è persona che sa recepire e interpretare climi e atmosfere, ci entra dentro, li fa suoi attraverso una visionaria elaborazione: dunque esplora luoghi esotici, stranezze della natura, femminee figurazioni, tentativi di alchemiche commistioni e stupori scaturiti da cerebrali elucubrazioni che vengono a convivere nei suoi lavori tra precari equilibri, con sottofondo – è bene sottolinearlo – musiche ancestrali o – a contrasto – azzardate note rock (la musica è da immaginare); e anche i silenzi sono importanti. Ma tutto questo è sempre e comunque una ricerca che conduce in una direzione: quella della bellezza – di forme, di figure, di segni, di accostamenti, di cromatismi spesso sciabolati-; e’ un ‘altrove’, scandito, ritmato che si viene a comporre.
“Dentro il fogliame, scrigno verde maculato d’oro,
dentro il fogliame esitante e fiorito
di splendidi fiori in cui dorme un bacio,
vivacemente squarciando l’artistico ricamo,
un fauno mostra i suoi occhi accesi…”
Arthur Rimbaud
Molte sono le suggestioni – tradotte in pittura con giustapposizioni di immagini fotografiche, recupero di materiali ed elementi plastici adattati – che l’autore propone in questa mostra in cui le opere perlopiù realizzate di recente sono accostate a certe espressioni di qualche anno fa in cui bene già si possono cogliere riferimenti al tema – Naturalia, Artificialia, Scientifica, Exotica – qui proposto. E i lavori presentati sono pervasi, secondo il mio sguardo, da un lato, da un forte senso barocco – si sviluppano metamorfosi, intrecci, azzardi, accumuli, pindariche proiezioni (cfr. Andreina Griseri, Le metamorfosi del barocco) – dall’altro tendono a quella ricerca di sottrazione, cara all’autore, rintracciabile in testi e pitture elaborati dalle culture filosofiche ed espressive nipponiche (cfr. Kuki Shuzo, La struttura dell’Iki). Un dualismo che esplora gli opposti ove ricorre la figura femminile, sovente presa a prestito dalle riviste di moda, dalla pubblicità, dalla comunicazione visiva, in qualche modo decontestualizzata, forse meglio dire inserita in altri contesti, in cui quell’ ‘altrove’, già prima accennato, diventa pretesto per suggerire differenti, singolari storie che includono riferimenti antichi e contemporanei. Sporadiche presenze di animali, fenicotteri, pantere diventano apparizioni a simboleggiare una naturale eleganza di gesto, di posa; sono contrappunti. In questo guardare oltre, guardare altro, spesso straniante, si colgono spunti che si prestano a tradursi in presenza, una presenza che avvolge e nutre l’eterno femminino che aleggia ed appare. Le suggestioni nipponiche sono spesso sottolineate da segni calligrafici; accanto evocazioni esotiche portano a sfiorare onirici paesaggi simbolici e sguardi a certa pittura rinascimentale, manierista e barocca vengono ad abitare certi racconti fermati. Le sovrapposizioni, le commistioni di materiali – fogli di plastica come sipari leggeri, pennellate libere spesso convulse, accostamenti e inserimenti di carte stracciate – vanno a comporre contesti in cui l’occhio cerca, scopre, indaga; e quei segni, quei materiali, giocati con attento equilibrio trovano nell’ombra, nel nero pece le zone di pausa o, al contrario, proiezioni verso abissi ancestrali.
“Tra vent’anni sarete più delusi per le cose
che non avete fatto che per quelle che avete fatto.
Quindi mollate le cime.
Allontanatevi dal porto sicuro.
Prendete con le vostre vele i venti
Esplorate. Sognate. Scoprite.
Mark Twain
Claudio Signanini ama viaggiare ed il viaggio diventa pretesto per esplorazioni ed arricchimenti spirituali che poi si traducono nel ductus dei suoi lavori; va in giro per musei, città d’arte e luoghi naturali, è curioso del mondo e della gente; e poi c’è la lettura a nutrire le sue visioni. Dunque la sua è una continua esplorazione e, quando si ferma e viene a contatto – nel suo garage – laboratorio – con i colori, coi supporti, con oggetti recuperati e materiali tra i più vari va a formare, a fissare, a elaborare immagini organiche ed unitarie. Spesso nei suoi lavori, nei suoi contesti scorre una sottile quanto vibrante sensualità che anima microcosmi ritagliati carichi di singolari suggestioni. Ci sono zone di calma ed altre di tensione, ci sono pulsioni e pause, c’è Tiepolo e quel suo famoso rosa (Roberto Calasso, Il rosa Tiepolo), viaggi che approdano a opere del Manierismo e di Pontormo e riverberi che vanno a sfiorare climi preraffaelliti, Millais, Rossetti, Hunt, ed anche contaminazioni simboliste, sguardi a Redon, a Moreau, a Bocklin, insomma una poliedricità di riferimenti avvertibili, suggeriti o latenti.
Certi suoi lavori recenti hanno trovato nella collaborazione con Elisa Barolo, intervenuta pittoricamente in alcuni contesti elaborati dall’autore, ulteriori aggiunte espressive: farfalle, scarabei, pipistrelli, mosche, lucertole, ramarri, salamandre abitano quei contesti e si fanno presenza che silenziosamente scruta ed interroga. Vien da pensare a certi dipinti rinascimentali e barocchi in cui ad insetti e animali erano attribuiti significati simbolici – positivi o negativi – tratti da poemi latini e greci, da episodi storici, dalla Bibbia; presenze, riferimenti contestuali intesi a rafforzare ciò che Claudio con i suoi lavori intende narrare, evocare o suggerire e che portano, quasi fossero parte di una azione circolare di ritorno, al concetto sotteso della mostra, l’idea di Wunderkammer, quelle stanza delle meraviglie in cui collezioni di insetti ed animali avevano grande rilievo.
Le sale espositive della Fondazione Peano si prestano ad accogliere una Wunderkammer allargata, dilatata, concettualmente opposta alle camere delle meraviglie antiche – di piccole, a volte piccolissime dimensioni – in cui gli oggetti più vari erano stipati e accumulati. Qui invece le ‘meraviglie’ sono distribuite, scandite, pausate.
E la meraviglia va cercata in ogni singola opera.
Alessandro Abrate
E' in corso una mostra d'arte di Cesare Botto e Silvio Rosso, presso Dama 3 Cafè in via Carlo Emanuele 33 a Cuneo
A proposito dell'esposizione che ospitiamo ci dice:
"In questa piccola mostra (My favorite things), propongo due piccole poesie che dialogano reciprocamente con, altrettanto piccoli, lavori a biro nera. Un mondo, quello della poesia, fatto di dettagli come quelli di cui sono fatti i disegni. Piccole cose, nient'altro che piccole cose."
Carlo Cavallo nasce nel 1958.
Professionalmente ha sempre lavorato nel campo dell'immagine e della comunicazione visiva. Per diverso tempo è stato impegnato nello sviluppo e nella gestione di progetti a indirizzo sociale e culturale, oltre che nella conduzione di laboratori artistici e corsi di disegno. Nel frattempo ha costantemente coltivato la sua ricerca artistica visiva. E' un artista poliedrico che utilizza diversi mezzi: dalla pittura alla fotografia, dal disegno al video, dall'installazione alla parola.
Ad Alba presso il Palazzo Banca d’Alba è visibile l’affresco della Madonna della Bocciata, proveniente da San Pietro, dopo un lavoro che ha portato in luce dettagli prima sconosciuti.
L'immagine della Vergine è legata a un prodigio che si verificò nel 1440, quando fu colpita da un soldato con una boccia e prese a sanguinare. Da allora l’effige è oggetto di grande devozione. La mostra di Fondazione Banca d'Alba è patrocinata dalla Fabbrica di San Pietro e dalla Diocesi di Alba ed è visibile fino al 23 marzo.
Domenica scorsa si è conclusa la stupenda mostra su Giuseppe Penone realizzata alla Fondazione Ferrero di Alba. La mostra intitolata "impronte di luce" è stata curata da Jonas Storsve, in collaborazione con l’artista, e riunisce oltre cento opere, dando forma a un racconto visivo della ricca produzione artistica di Giuseppe Penone (Garessio, 1947) che si estende dagli anni Sessanta sino a oggi.
Il percorso prende avvio da un bel video che ci immergen nei pensieri e nel complesso percorso creativo dell'artista, proseguendo poi nelle diverse sale con una pregiata selezione di opere storiche che ci portano nei recenti lavori, dalla forte impronta cromatica.
Filo rosso della mostra è il tema dell’impronta, soggetto privilegiato nella ricerca dell’artista, che si ritrova in tutto l’arco temporale della sua produzione: dall’opera Alpi Marittime del 1968, prima sperimentazione del contatto diretto tra corpo e bosco, fino alla serie Impronte di luce (2022 – 2023) che viene presentata per la prima volta in Italia proprio in questo contesto.
Il percorso espositivo approfondisce il tema dell’impronta spaziando dal disegno alla fotografia, dalla modellazione all’intaglio in un compendio accurato della vasta selezione di generi e tecniche affrontati dall’artista. Il motivo dell’impronta diviene nella visione di Giuseppe Penone sinonimo di contatto tra superfici differenti e trova una propria manifestazione ideale nella natura, intesa come ecosistema globale di cui ogni elemento è parte integrante, dall’essere umano alle foglie, dagli alberi alla terra.
Completa il progetto espositivo il catalogo illustrato edito da Skira, che riunisce le immagini di tutte le opere in mostra e vi affianca i saggi a firma dell’artista e del curatore, assieme ai contributi di Jean-Christophe Bailly, Olivier Cinqualbre, Carlo Ossola e Francesco Guzzetti, responsabile del coordinamento scientifico della mostra.
In queste settimana la vetrina del corniciaio Piumatto in via XX Settembre 23 propone una serie di stampe realizzate da Nino Baudino dedicate al tema della musica.