Gruppo LEDA
Riflessi di identità
Tiziano Ettorre, Manuela Fonti, Giuseppe Formisano,
Grazia Gallo, Giorgio Giordano, Emanuele Greco,
Daniele Guolo, Cristina Saimandi, Anna Salomone
a cura di Enrico Perotto
21 luglio - 17 agosto 2017
inaugurazione venerdì 21 luglio 2017 alle ore 17,30
Camere di sparo del Forte Albertino
Vinadio (Cuneo)
Dal
testo critico di presentazione della mostra di Enrico Perotto
Il
Gruppo LEDA, composto originariamente da Tiziano Ettorre, Manuela
Fonti, Giuseppe Formisano, Grazia Gallo, Giorgio Giordano, Emanuele
Greco, Daniele Guolo, Marco Odello, Cristina Saimandi, Anna Salomone
e Patrizia Stralla, undici artisti di origini cuneesi e non, attivi
in città o nel territorio della provincia e accomunati dal loro
ruolo di docenti nel Liceo Artistico “Ego Bianchi” di Cuneo, si è
presentato al pubblico per la prima volta con la mostra Leda e il
cigno. Finzioni e visioni da un mito, tenutasi presso la
Fondazione Casa Delfino del capoluogo nel maggio 2016. Filo
conduttore di questa iniziativa d’arte è stato il lemma LEDA,
da leggersi sia come acrostico che indica scambievolmente le frasi
Libere Espressioni d’Arte o Libere
Espressioni dei Docenti dell’Artistico, sia
come termine collegato al mito greco di Leda. Figlia di Testio e
moglie di Tindaro, re di Sparta, Leda è amata da Zeus in forma di
cigno e contemporaneamente dal marito nella stessa notte, generando
così da due uova una doppia coppia di gemelli, cioè Castore e
Polluce, da un lato, ed Elena e Clitennestra, dall’altro, figli
pertanto di “due padri”: Castore ed Elena da Zeus, Polluce e
Clitennestra da Tindaro. Si tratta di un racconto mitologico di
grande suggestione e di notevole fortuna iconografica nel corso della
storia dell’arte, che si è rivelato una rinnovata fonte di
ispirazione per gli artisti del gruppo cuneese di nuova formazione.
L’idea-guida
di ciascuna personalità del Gruppo LEDA consiste nella comune
constatazione che le cose materiali non sono che entità apparenti,
ingannevoli e in continuo mutamento. Non esistono forme uniche che si
danno come determinate una volta per tutte, ma forme la cui
materialità riconoscibile è una delle tante possibili. Per artisti
che ancora esprimono una volontà di ‘pensare per immagini’, di
formare configurazioni, se pure allo stato di frammento, di segno
incompleto, di simbolo giocoso, di allegoria sensibile dell’atto
amoroso o della sua attesa, l’incontro d’amore del dio è la
soglia di avvicinamento tra due potenzialità entrambe desideranti o
l’atto vitale in cui si avvera la consumazione del desiderio tra
due esseri distanti e differenti, l’una (Leda) appartenente alla
dimensione della specie umana e l’altro (Giove) a quella
dell’alterità trascendente, dell’invisibile numen, che si
abbassa allo stato tragico dell’esistenza degli umani, ma che si
esalta anche negli eccessi tangibili dell’unione carnale, in forma
visibile di natura animale. Nei lavori grafici, pittorici e scultorei
degli artisti in mostra a Casa Delfino sono riecheggiate pertanto le
voci del passato e si è manifestato quell’intento ironico con cui
nell’antica cultura greco-romana si guardava ai travestimenti degli
dèi. E inoltre, essi si sono posti di fronte a una figura specifica
e fascinosa della mitologia classica, rinnovandola negli aspetti
iconici e riportandola così all’attenzione di noi contemporanei,
dallo sguardo un po’ troppo distratto e assuefatto al consumo
bulimico delle immagini ‘usa e getta’ nella società liquida dei
nostri giorni. Altra finalità importante dei momenti espositivi del
gruppo è e sarà quella di coinvolgere gli alunni più meritevoli
del liceo e mostrare pubblicamente i frutti del loro lavoro
realizzato durante il periodo scolastico insieme a quello dei loro
insegnanti, creando così occasioni proficue di confronto e di
dialogo formativo tra generazioni diverse di amanti del mondo delle
arti visive.
Tiziano
Ettorre, Manuela Fonti, Giuseppe Formisano, Grazia Gallo, Giorgio
Giordano, Emanuele Greco, Daniele Guolo, Cristina Saimandi e Anna
Salomone sono gli artisti del Gruppo LEDA che hanno accettato di
confrontarsi liberamente con il tema suggestivo della rassegna
promossa dagli organizzatori di GrandArte 2016-2017,
realizzando opere dal forte impatto visivo e dall’intimo intento di
rifarsi a motivi e circostanze della vita umana e di quella naturale
a loro modo paradigmatici. che ben si rapportano agli spazi contigui
delle stanze da sparo del Forte Albertino di Vinadio. Ciascuno si è
espresso con rinnovato entusiasmo attraverso il linguaggio pittorico
e plastico che più gli è consono, chi con immagini dominate da
forme naturali emblematiche e intrise di colori pulsanti di vita; chi
con elaborazioni grafiche in cui si sedimentano le tracce delle
‘identità perdute’ di coloro che vivono esistenze indeterminate
e relegate agli ultimi posti della nostra società divisiva del
benessere; chi soffermandosi sull’idea di figura come
immagine-nuvola, dai contorni indefiniti, che sfumano al disopra di
superfici di bianco puro, per farci meditare sull’indeterminatezza
delle nostre certezze visive e sull’instabile situazione del
rapporto uomo/natura; chi ricerca con il linguaggio della pittura
astratta di immergere lo sguardo dell’osservatore in spazi aerei
pervasi di vapori leggeri intrisi di luce, che lasciano intravedere
in dissolvenza misteriose configurazioni geometriche, come memorie di
passate e delicate intenzioni d’arte ornamentale; chi guarda al
mondo degli uomini come palcoscenico in cui vanno in scena aspetti
estremi della vita, oscillante tra il lato doloroso del confronto e
quello riappacificante della bellezza e degli affetti amorosi; chi si
rivolge alla natura fisica delle forme e dei volti umani per fermarne
nella terracotta il flusso esistenziale dei sentimenti; chi rivive i
miti antichi come giocosa e sinuosa reinvenzione grafica; chi ricrea
nella dimensione plastica e con assemblaggi di materie povere
metafore toccanti della condizione femminile tra emarginazione,
solitudine e desiderio di riscatto; e chi sofferma il proprio sguardo
incuriosito su volti fascinosi di fanciulle e riesce a trasportarci
con loro in mondi onirici di raffinatezze lineari e coloristiche
d’altri tempi.
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