CON LO SGUARDO DI ICARO
mappe, geografie, percorsi
Giovanni Buoso, Alessia Clema, Christian Costa, Claudio Diatto, Claudio Durando, Tiziano Ettorre, Rebecca Forster, Elio Garis, Guido Giordano, Marco Odello, Corrado Odifreddi, Marco Porta
15 giugno - 7 luglio 2019
inaugurazione sabato 15 giugno alle ore 18.00,
Palazzo Samone
via Amedeo Rossi 4 - Cuneo,
[dal comunicato stampa]
Promosso dalla associazione grandArte, in collaborazione con la casa editrice Primalpe e il settimanale La Guida, l’evento è patrocinato dalla Regione Piemonte, dalla Provincia e dalla Città di Cuneo, e si avvale del contributo della Fondazione CRC.
La mostra è organizzata da Giacomo Doglio e Massimiliano Cavallo ed è curata da Carla Bianco. In catalogo è presente un contributo di Fulvia Giacosa.
La mostra resterà aperta dal 15 giugno al 7 luglio 2019, con il seguente orario: venerdì, sabato e domenica dalle 16.30 alle ore 19,30.
***************
In un suo articolo, in occasione della mostra “Cartes et figures de la Terre” al Centre Pompidou di Parigi nel 1980, Italo Calvino scriveva: “La carta geografica, anche se statica, presuppone un’idea narrativa”. In tal senso l’arte ha spesso utilizzato immagini-mappe come configurazioni altamente simboliche, oltrepassando la funzione eminentemente rappresentativa dei cartografi. Ciò avviene in parte già nel passato, a dimostrazione della componente intenzionale in ogni carta geografica: le tante presenti nei dipinti di Vermeer sono non solo testimonianza di un gusto diffuso tra la borghesia olandese seicentesca che amava appenderle alle pareti di casa come quadri, ma anche documento di aspirazioni politiche, tant’è che nella “Allegoria della pittura”(1666) la carta sul fondo illustra una situazione errata poiché include tra le provincie olandesi anche quelle meridionali, all’epoca ancora sotto il dominio spagnolo.
Se in Vermeer tuttavia l’inesattezza politica non inficia la precisione geografica, nell’arte più vicina a noi la mappa è sempre meno aderente ai suoi tradizionali codici rappresentativi e si fa strumento per discorsi sociali, psicologici, esistenziali.
(dal testo di Fulvia Giacosa)
***
In una lettera scritta al fratello Theo nel luglio del 1888, ad Arles, Vincent Van Gogh esprime la profonda inquietudine metafisica che la contemplazione della volta celeste genera nel suo animo quando gli occhi si sollevano a scrutare il cielo e tentano di penetrare nel mistero dell’universo. Lo sguardo rivolto alle stelle, alla ricerca di un’ideale corrispondenza tra il cielo e la terra, tra il disegno degli astri e la geografia delle città, tra la dimensione terrena dell’esistenza e quella ultraterrena è l’emblema della condizione dell’artista che in ogni tempo, sin dall’antichità, osserva il mondo per comprenderne il senso.
È un terreno fecondo, quello delle relazioni tra arte e geografia, che ha generato nelle esperienze più recenti forme di dialogo dagli esiti assai interessanti e talvolta sorprendenti. L’osservazione e l’interrogazione del territorio, del cielo, del paesaggio, del suolo, delle città, degli spazi fisici, mentali e simbolici frequentati dagli artisti costituiscono un imprescindibile punto di partenza nella costruzione di una imago mundi che non è tanto - o soltanto - rappresentazione dell’evidenza, ma anche e soprattutto immagine polisemica aperta a differenti percorsi interpretativi. Creare una mappa, sia essa geografica, mentale, simbolica, emotiva, astronomica o cerebrale, è un modo per appropriarsi del mondo, per decodificarlo, è una delle tante possibilità di pensare se stessi in relazione al mondo, di rendere visibile la trama del proprio sentire.
(dal testo di Carla Bianco)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.