giovedì 21 dicembre 2023

Le ragioni del colore



[dal comunicato stampa]


L’associazione grandArte di Cuneo, in collaborazione con MUDRI (Museo Diffuso di Rittana) e Lift Riserva Bianca di Limone Piemonte, nell’inverno 2023 – 2024 presenta l’allestimento di alcune grandi sculture di Elio Garis a Limone Piemonte ed una mostra di opere di sei artisti – Ermanno Barovero, lo stesso Elio Garis, Francesco Preverino, Marina Sasso, Santo Tomaino e Luisa Valentini – che si sposterà da Cuneo a Rittana.

"Le ragioni del colore" è il titolo della rassegna espositiva che, nei tre contesti caratterizzati da una assoluta prevalenza del bianco (quello della neve per gli spazi all’aperto di Limone Piemonte e degli ambienti interni nei casi di Cuneo e Rittana), vuole creare una forte vibrazione emotiva attraverso il colore delle opere, assunto come metafora del bello, dell’armonia e della concordia che ci auguriamo prevalere su quello che invece caratterizza il contesto in cui viviamo. 

Le grandi sculture di Elio Garis saranno collocate all’aperto sia nel capoluogo di Limone Piemonte che a quota 1400 alla partenza degli impianti di risalita dal 23.12.2023 al 31.03.2024.

Le opere dei sei artisti verranno esposte al piano terra del palazzo FS di Cuneo dal 23.12.2023 al 07.01.2024 (visibili anche dall’esterno grazie alle vetrate del palazzo, visitabili al pomeriggio in orario 16-18) e nel Centro Incontri di Rittana dal 14.01.2024 al 28.04.2024 (visitabili il venerdì, sabato e domenica dalle 15,30 alle 17,00).

Il catalogo delle opere in mostra, con testi critici di Enrico Perotto e Mattia Tomaino, sarà presentato nel mese di febbraio in occasione di una serata con la presenza degli artisti in luogo e data oggetto di futura comunicazione.


Dal testo di Enrico Perotto

“… L’esperienza pittorica di Barovero (nato nel 1956 a Torino, dove vive e opera, docente emerito dell’Accademia Albertina di Belle Arti della stessa città, attivo a livello espositivo dalla metà degli anni ‘70  in numerose sedi pubbliche e private a livello nazionale ed internazionale), che si fonda sulla visione della natura in transizione dalla forma alla ‘non-forma’, restituisce o svela le qualità interiori dell’artista che sa immergersi in molteplici processi sensoriali (ottici, tattili, uditivi e olfattivi), riconducibili alle dinamiche vitali connesse alla dimensione transitoria e indistinta degli elementi che animano l’ambiente naturale. Quella messa in atto da Ermanno con i colori stesi a colpi di pennello e di spatola, è una vera e propria disposizione a condurre analisi interminabili dei variegati effetti cangianti, corruschi e turbinosi che attraversano i cieli, le acque e le terre di paesaggi intrisi di memorie evocative, suscitando nell’osservatore sempre nuove e rigeneranti reazioni psicologiche. 

La necessità del dipingere di Preverino (nato nel 1948 a Settimo Torinese, vive e opera a Torino, con alle spalle una carriera di insegnante iniziata nel 1971, che dal 1998 lo ha visto titolare della Cattedra di Decorazione presso le Accademie di Reggio Calabria e successivamente di Firenze e di Venezia, per poi essere stato Docente di Arti Decorative all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino sino al 2018, e al contempo con un’attività continua e coerente di sperimentazioni che gli sono valse la partecipazione a numerose mostre personali e collettive, oltre che la presenza di sue opere in collezioni sia in Italia sia all’estero), è frutto del suo sentirsi impegnato a trarre ispirazione dagli abissi delle espressioni del visibile spesso buie e dolorose, ponendosi in ascolto del grido di lamento del creato e dei suoi elementi, ben consapevole del fatto che stiamo tutti percorrendo “un sentiero d’autunno: appena è tutto spazzato, si copre nuovamente di foglie secche”. 

Tomaino (nato nel 1954 a Carlopoli (Cz), trasferitosi nel 1960 in provincia di Torino con la famiglia, a Torino ha frequentato il Liceo Artistico e l’Accademia Albertina di Belle Arti, diventando poi insegnante di Discipline pittoriche al Liceo Artistico “Cottini”, impegnandosi in diversi campi espressivi e tenendo numerose esposizioni personali e collettive in Italia e all’estero), è artista la cui mente è libera di essere sia nel tempo sia al di fuori del tempo, in contraddizione con il sistema artistico globalizzato. Santo, cioè, persegue una personale idea della pittura sub specie aeternitatis, cioè secondo ragione, discernimento, immaginazione e afflato lirico, per cui, per dirla con Kafka, non “è necessario uscire di casa”: basta restare in studio e mettersi ad “ascoltare” o ad “aspettare”, anzi, né ascoltare né aspettare, ma rimanere “in perfetto silenzio e solitudine. Il mondo ti si offrirà per essere smascherato, non ne può fare a meno, estasiato si torcerà davanti a te”.

Garis (nato nel 1954 a Vigone/To, dove vive e opera, attivo dal 1975, noto per le sue sculture monumentali realizzate in acciaio, bronzo, marmo e cemento, e autore tra il 2022 e il 2023 di tre sculture pubbliche ideate per altrettanti luoghi aperti del territorio cuneese, quali la Piazza Martiri della Libertà a Verzuolo, la piazzetta Duccio Galimberti a Rittana e la rotonda di accesso a Venasca) è figura di artista dotato d’ingegno fabbrile e dal carattere “gentile, generoso, aperto ai giovani”, che “sa conquistare lo spettatore”, come di recente ha evidenziato Patrizia Bottallo. Il moto continuo dei segni circolari tracciati su fogli ruvidi esce dai bozzetti su carta ed “entra nello spazio attraverso volute ellittiche, cerchi concentrici, linee flessuose che si aprono e si avvolgono su stesse”, trasmettendo “una continuità senza fine, un’esplorazione pluridirezionale di spazio, che tende all’infinito, un flusso energetico che cattura il nostro sguardo in una sorta di ambiente atemporale”.

Marina Sasso (nata a Venaria Reale, vive e lavora a Torino, dove si è diplomata all’Accademia Albertina di Belle Arti ed è stata titolare della cattedra di discipline plastiche al Liceo Artistico; ha partecipato dal 1964 a mostre nazionali e internazionali) pratica i linguaggi scultorei, pittorici e grafici riflettendo e progettando con un senso profondo per l’emozione suscitata dal dato naturalistico, stemperato in associazioni di materie astratto-concrete di vario genere (pietra, metallo, acciaio, plexiglass, carta e rame), che raccolgono, secondo Martina Corgnati, “l’eredità del passato ormai classico delle maggiori avanguardie e neo-avanguardie (fra i suoi padri dovrei far riferimento ai minimalisti come anche ad Anthony Caro) continuando peraltro sempre a ricercare una via propria, particolare ed inconfondibile, fondata su un'idea di opera che, sostanzialmente, interagisce e respira insieme all'ambiente intorno, pur senza abdicare alla sua natura di scultura propriamente detta”.

Nelle invenzioni di peculiari dispositivi scultorei a funzionamento metaforico effettuate da Luisa Valentini (artista torinese, laureata in Germanistica con Claudio Magris all’Università di Torino e diplomata in Scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove è titolare della Cattedra di Plastica Ornamentale, dalla fine degli anni Ottanta ha partecipato a importanti rassegne collettive dedicate alla nuova scultura italiana, in parallelo a mostre personali in Italia e all’estero, realizzando opere destinate a spazi pubblici e presenti in molte collezioni pubbliche e private), si inverano indizi di indagini gnoseologiche condotte sulle strutture polimorfiche della vita vegetale in metamorfosi, che permettono di compiere allo spettatore un viaggio alle origini della sapienza tecnica e della forza immaginativa dell’arte, che sfocia in sensibilità quasi magica per la pregnanza seduttiva dei suoi corpi-oggetto, creati per un sogno e con un loro “di più” spirituale”.    










 

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