MAURIZIO OVIDI
Uso
lo sguardo
a cura di Ugo Giletta
26 agosto - 17 settembre 2017
inaugurazione sabato 26 agosto, ore 18
inaugurazione sabato 26 agosto, ore 18
S. Maria del Monastero
via
Rivoira, Manta (Cuneo)
orario: venerdì, sabato e domenica dalle 16,00
alle 19,00.
Dal
testo critico di presentazione della mostra di Ugo Giletta
Annotazioni
sul lavoro di Maurizio Ovidi.
Perché
scrivere di Mimmo?
Anche
se non mi compete, ho la necessità di capire a fondo il lavoro di
Maurizio Ovidi.
Abbiamo
iniziato assieme, non solo l’esperienza artistica ma anche quell’
avventura non voluta, non cercata che è la vita. Un minimo tempo di
20 giorni ci separa alla nascita.
Maurizio
Ovidi, per i più intimi Mimmo, è un arista, a mio avviso, che ha
saputo crescere coerentemente in rapporto ai condizionamenti della
necessità del vivere.
Le
provocazioni che la nostra società ci impone, sono contradditorie,
conseguenza di una fragilità in cui l’umano si deve porre a
confronto con se stesso, prima che con gli altri.
La
responsabilità dell’artista allora diventa quella di segnalare
quanto accade e di suggerire una soluzione al problema.
Mimmo,
in una recente intervista, ha affermato che il problema è “di
sguardo… uso lo sguardo per portare a casa ciò che vedo.”
Da
qui il problema etico sembra essere tralasciato o volutamente
mascherato.
In
un testo il filosofo Emmanuel Lèvinas scrive: «Siamo circondati da
esseri e da cose con i quali intratteniamo relazioni. Siamo con gli
altri con la vista, con il tatto, con la simpatia, con il lavoro in
comune. Io tocco un oggetto, vedo l'altro, ma non sono l'altro. Tra
esseri ci si può scambiare tutto tranne l'esistere».
Il
fondamento dell’esistere, della consapevolezza della propria
condizione umana, non può non rapportarsi all’altro anche solo
come conseguenza dello sguardo.
Nella
centralità dell’opera di Ovidi c’è l’umano raffigurato,
l’uomo ritratto con attorno a se gli oggetti della quotidianità.
Nei suoi lavori possiamo vedere attorno alla (quasi sempre sola)
figura umana numerose situazioni come in “Alba”, opera del 1995
in cui il rapporto è tra natura e segno fino a “Arrampicatore”
del 2014 che ci racconta, con il richiamo materico del legno e della
corda, un momento del vissuto passionale di Mimmo, oppure “Fuga”
del 2015, per finire con un’opera ultima del 2016 dal titolo
“Uscita”, quasi a presagire una volontà di uscire dalla scena.
Quindi
oggetti rappresentativi?
Non
importa con quale tecnica, sia pittorica, fotografica o scultorea è
rappresentata la figura umana nei lavori di Mimmo, ciò che importa è
la valenza immanente dell’ immagine stessa.
Se
il ragionamento si sofferma, quindi, alla semplice comprensione
dell’immagine, non rendiamo giustizia all’impegno dell’artista
che verrebbe valutato con termini minimamente semplici.
Nei
lavori di Mimmo, mi pare che ci sia un dialogo tra apparente
immanenza delle cose e l’intuizione della trascendenza. Concetto
assai più complesso!
Ma
se si tratta di un gioco, Il “gioco” di Mimmo è quello di
costringerci a pensare all’alterità, ad approfondire il concetto
sulla rappresentatività dell’immagine che assume una valenza
soggettiva che trascende la totalità.
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