Oggi presso il complesso monumentale di San
Francesco a Cuneo, la Fondazione Crc ha promosso una grande mostra sull’opera
di Giuseppe Penone, artista di fama internazionale.
L’antica chiesa tardo romanica, restaurata
grazie al contributo della Fondazione Crc, ospita fino al 2
Febbraio 2020, il monumentale lavoro “Matrice” nella navata centrale, un
affascinante elaborazione artistica di un abete che l’artista ha trasformato in
un’opera d’intensa visione, rielaborandone la funzione e le forme.
Affiancano l’imponente lavoro una serie di altre importanti lavori, quali una sezione di Sutura, i Gesti Vegetali,
la scultura
Dafne e alcuni disegni a matita.
Il lungo e coerente percorso artistico dell’artista di
Garessio viene proposto in questa piacevole occasione quasi come un omaggio al più importante artista della provincia, che ha conquistato i più importanti
musei del mondo, con le sue emozionanti opere.
L’iniziativa
è parte di un progetto condiviso tra la Fondazione Crc e il Castello di Rivoli
che trova negli spazi del Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo il suo
luogo di proposta.
L’esposizione presenta il cuore della ricerca
dell’artista Giuseppe Penone, una coerente riflessione sulla dualità tra vuoto
e pieno come parti costitutive e materiali del suo lavoro artistico, attraverso
una precisa selezione di opere che mettono in relazione le due sedi, in un
sofisticato gioco di giustapposizioni e rimandi.
“È un grande onore per Cuneo ospitare un artista di fama
internazionale come Giuseppe Penone, originario di Garessio e ormai noto in
tutto il mondo. Il Complesso monumentale di San Francesco diverrà per i
prossimi mesi l’habitat ideale di opere normalmente esposte in luoghi come la
Reggia di Versailles e il Louvre di Abu Dhabi” commenta il presidente della
Fondazione CRC Giandomenico Genta.
“La mostra è il frutto del grande lavoro messo in atto
dalla Fondazione CRC in questi anni, grazie anche alla collaborazione con
istituzioni culturali di primo livello come il Castello di Rivoli: la
disponibilità di Penone dimostra l’importanza e la bontà di questo progetto
espositivo, unico nel suo genere. Anche quest’anno la Fondazione CRC riesce ad
offrire alla comunità cuneese e ai tanti appassionati d’arte che verranno
appositamente a Cuneo l’occasione di ammirare con i loro occhi una mostra di
altissimo livello”.
“L’arte di Penone esplora i fondamenti della scultura
come modo di conoscere e comprendere empiricamente il mondo” spiega il curatore
della mostra e direttore del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev. “La
sua arte si basa sul principio di incarnare una consapevolezza fisica,
tattile-visiva, di tutti gli organismi e delle loro trasformazioni. Penone
percepisce il mondo e la vita in modo scultoreo, toccandone e accarezzandone le
parti costitutive. Persino l’atto di respirare è una forma di scultura
automatica, prodotta senza accorgersene.
La scultura riguarda l’intaglio, lo scavo e la produzione
di vuoti oppure, al contrario, concerne la fusione, la duplicazione e la
moltiplicazione, attraverso una serie di passaggi, dal positivo al negativo,
della forma oggetto di duplicazione o copia. Sia l’addizione sia la sottrazione
avvengono attraverso gesti di incontro e, quindi, attraverso relazioni di
intenzione tra l’umano e la materia, tra l’umano e il non umano”.
Penone è emerso alla fine degli anni Sessanta nell’ambito
dell’Arte Povera, tra i movimenti artistici più importanti e innovativi del XX
secolo a livello internazionale che trova la sua origine in Piemonte, dal quale
proviene un importante nucleo del gruppo di artisti. L’Arte Povera è
generalmente definita come un’arte di materiali e tecniche eterogenei e
“poveri”. Più importante di questo aspetto è il fatto che tali artisti sono
interessati a creare situazioni reali di energia, in cui natura e cultura non
sono opposti. Oggi l’Arte Povera, e in particolare l’opera di Penone, gode di
un rinnovato interesse, anche legato all’apprezzamento di quella libertà
artistica e dell’interesse per la natura in essa presenti.
La mostra è accompagnata da un catalogo con un saggio
inedito e un’intervista all’artista di Carolyn Christov-Bakargiev e scritti
inediti di Penone. Il volume include una serie di disegni inediti che
ripercorre come in un viaggio lo svolgimento cronologico e geografico delle
opere scrivendo per la prima volta attraverso parole e immagini il racconto che
le lega ai due luoghi che le ospitano.
LE OPERE IN MOSTRA
La navata centrale della Chiesa di San Francesco a Cuneo
è attraversata dalla scultura orizzontale Matrice, vera spina dorsale del
progetto espositivo. Matrice è un abete che Giuseppe Penone ha sezionato
longitudinalmente in due parti, scavato gli strati di legno seguendo gli anelli
concentrici e dischiuso l’essenza della pianta.
L’artista ha quindi ottenuto il negativo dell’albero in
un momento preciso della sua esistenza. Tale negativo presuppone un suo
positivo, che è presente proprio mediante la sua assenza, eccetto che in un
punto, dove appare la forma annerita dal bronzo, un positivo dell’interno
dell’albero. Le sezioni longitudinali ricomposte formano un’unica identità e
ciascuna delle parti che forma l’unità dell’opera porta con sé le tracce del
processo. La percezione del vuoto in Matrice è legata all’assenza di una
presenza, richiamata dal “midollo” nero in bronzo dell’abete. Quest’ultimo ha
delle sinuosità antropomorfe e la sua lunghezza, di circa 170 centimetri, è
paragonabile all’altezza di un essere umano adulto.
Penone stabilisce una relazione tra umano e vegetale,
evidente anche all’interno della scultura, in cui è possibile notare le
impronte delle dita che hanno modellato l’opera. Questo lavoro si basa sul
principio e sul processo d’inversione temporale, mostrando delle fasi presenti
nella memoria dell’albero non visibili altrimenti.
Suture è una scultura monumentale che dialoga con
l’architettura dell’abside della Chiesa di San Francesco. Quest’opera è
modulata sulla forma della struttura del cranio umano, diviso in quattro
sezioni da lame di acciaio che collegano i punti terminali delle suture. Penone
realizza la scultura attraverso un segno veloce, quasi abbozzato con una
matita. Un tratteggio che imita le suture craniche, ovvero quelle articolazioni
fisse tra le ossa del cranio. L’opera è sostenuta da una biforcazione a Y,
formata da un cilindro di acciaio ricoperto da plexiglass. La struttura a Y
imita il processo di biforcazione che è presente nelle sinapsi o nelle
nervature delle foglie, uno dei fenomeni più frequenti in natura.
Tra i due materiali, l’artista versa un cumulo di terra,
alludendo alla sedimentazione e stratificazione della nostra memoria. Per
Penone, il cervello non è un’entità “piena”. È piuttosto concepito come uno
spazio mentale nel quale la differenziazione tra materia solida e molle non è
definita. Il cranio è un involucro le cui congiunzioni, che l’artista definisce
“foglie del cervello”, alterano il proprio volume in conformità a potenziali
deformazioni cerebrali. Il cranio è materia solida eppure plasmabile. La sutura
è un punto di congiunzione, un sito in cui due parti si uniscono. Tuttavia non
è lineare, ma si tratta di un complesso incastro, un incontro in cui però le
due sezioni mantengono la propria identità.
La scultura Dafne dialoga senza soluzione di continuità
con l’opera Matrice. Penone la realizza mediante lo stesso processo, sebbene
invertito. Se in Matrice è presente l’impronta umana all’interno della sezione
arborea di bronzo e l’impronta del tronco dell’albero all’esterno, in Dafne
l’impronta umana è visibile nella corteccia esterna mentre in quella interna la
scultura riproduce le venature del legno di alloro che è servito da modello.
Nel realizzare quest’opera sembra che Penone abbia toccato, quasi accarezzato,
la superficie dell’albero, avvolgendola.
Il titolo dell’opera richiama il mito di Apollo e Dafne.
Apollo, invaghitosi della ninfa a causa di una freccia scoccata da Cupido,
inizia a rincorrere Dafne, la quale, per sfuggire al suo incontrollato e
mascolino desiderio, chiede al padre dio-fiume Peneo di salvarla dissolvendone
le forme.
È così che avviene la metamorfosi della ninfa in albero
d’alloro, pianta che di lì in avanti Apollo avrebbe considerato sacra e con
essa ornato il proprio capo, la cetra e la faretra. Questa scultura prende il
titolo di Dafne perché Penone la modella su un albero di alloro. La storia di
Apollo e Dafne è inoltre funzionale alla comprensione di un fattore prettamente
naturale: l’alloro è una pianta che, per difendersi dagli attacchi d’insetti e
animali, reagisce sprigionando un’intensa fragranza, che li allontana.
Nel caso di Penone, le tecniche, generalmente dietro le
quinte nell’arte della scultura, vengono in primo piano, in una celebrazione di
ogni passaggio della materia, di ogni trasformazione nella scultura, dalla
modellatura alla fusione, dal legno, alla creta, alla cera, al gesso, ai forni
in mattoni, al bronzo liquido. Il bronzo si intreccia nella vita e nella
crescita degli alberi di alloro, cosicché, come nel mito di Apollo e Dafne,
l’umano e il non umano si uniscono nelle loro diverse temporalità ed
evoluzioni, nella danza dell’universo, grazie all’incontro innescato dalla
scultura.
Nella serie Gesti vegetali, Penone propone una
riflessione sulla relazione che intercorre tra essere umano e vegetale e sulla
rispettiva capacità di modificare l’uno l’identità dell’altro attraverso forme
d’interazione reali o potenziali. Penone ricopre dei manichini con della creta,
sulla quale produce dei solchi con le proprie dita. In essi cola la cera e
dalla cera il bronzo. Ottiene pertanto un involucro parziale della forma di
questi corpi, al cui interno o esterno può lasciare crescere i vegetali.
Avviluppandosi alla scultura antropomorfa, essi ne modificano i connotati e ne
indirizzano la forma di crescita finale. In occasione della mostra “Incidenze
del Vuoto” alla Chiesa di San Francesco di Cuneo, i Gesti vegetali dialogano
con le nicchie della navata laterale dalle quali filtra la luce, continuando a
crescere e ad annodarsi spontaneamente ma senza vegetale vivo.
A richiamare la scultura monumentale innestata
all’ingresso del Castello di Rivoli, è infine esposto nella Chiesa di Francesco
di Cuneo il modellino di Identità, insieme a studi e disegni preparatori. Esso
si riferisce alla grande scultura di un albero duplicato e rovesciato,
allestito nel piazzale di fronte al Castello di Rivoli. Su un piano di
percezione istintiva, si potrebbe pensare che le due sculture, Matrice e
Suture, siano rispettivamente il corpo e il capo di un gigante dormiente, il
cui pensiero si concretizza nel modellino. Quella di Giuseppe Penone è una
riflessione sul processo della scultura al lavoro. L’opera si nutre del
processo, dell’azione della scultura. Quindi è un parlare della scultura. La
scultura ha una caratteristica precisa. Il tema del doppio, del raddoppiare è
tipico della scultura.
La scultura Identità è un albero di bronzo, su cui
l’artista Giuseppe Penone ha innestato una copia albina in alluminio che,
capovolta, sembra smaterializzare la fisicità lignea della pianta. Non essendo
i due alberi speculari, l’artista ha prodotto una simmetria di alcune loro
parti servendosi di specchi, incastonati nelle ramificazioni.
Producendo una rifrazione dei rami da ambo le parti, gli
specchi ricongiungono ciascun albero con la propria identità speculare
riflessa. Gli specchi si inseriscono non in uno spazio fisico di vuoto da
riempire, bensì in quel luogo etereo della specularità, l’unico in cui può
esserci la simmetria. Accogliendo il visitatore all’ingresso principale del
Castello di Rivoli, questa opera scultorea si inscrive nella ricerca di Penone,
con il suo intreccio di presenze materiali e diafane. Un’esplorazione della
nozione di incontro che mette a fuoco il senso della dualità. Qui, la
riflessione è materia incarnata, spazio liminale della scultura, spazio del
minimo contatto dei corpi.
Sin dall’inizio, l’immagine dell’albero sostiene la
costruzione dell’edificio artistico di Penone, dirigendo i contenuti della sua
indagine sia verso il mondo vegetale, con l’intento di visualizzare e
modificare i processi di crescita naturale degli elementi, sia verso il corpo
da sempre oggetto della sua ricerca.
L’aspetto binario dell’opera riprende la caratteristica
duale dell’insieme del progetto espositivo tra Cuneo e Rivoli.
La mostra è accompagnata da un catalogo con un saggio
inedito e un’intervista all’artista di Carolyn Christov-Bakargiev e scritti
inediti dell’artista. Il volume include una serie di disegni inediti che
ripercorre come in un viaggio lo svolgimento cronologico e geografico delle
opere scrivendo per la prima volta attraverso parole e immagini il racconto che
le lega ai due luoghi che le ospitano.
L’ARTISTA: GIUSEPPE PENONE
Giuseppe Penone nasce a Garessio (Cuneo) nel 1947. Nel
1968 inizia l’attività espositiva ed entra a far parte del gruppo di artisti
dell’Arte Povera. Nelle sue sculture e installazioni, datate a partire dal
1968, il processo di attuazione è parte integrante dell’opera e sono le azioni
compiute dall’artista, in rapporto dialettico con quelle naturali, che danno
forma a una materia, di volta in volta diversa, svelandone l’aspetto
fantastico. L’albero, che Penone considera “l’idea prima e più semplice di
vitalità, di cultura, di scultura”, è un elemento centrale nel suo lavoro.
Nel 1970 ha partecipato alla decima Biennale di Tokyo. Ha
partecipato a documenta a Kassel nel 1972 (d5), 1977 (d6), 1982 (d7), 1987
(d8), 2012 [d(13)]. Nel 2007 ha rappresentato l’Italia alla 52. Biennale di
Venezia.
Ha partecipato alla sedicesima Biennale di Sydney nel
2008. Nel 2013 ha esposto nei giardini della Reggia di Versailles, nel 2014 nei
Giardini di Boboli a Firenze e al Madison Square Park a New York. Negli ultimi
anni gli sono state dedicate mostre personali al Castello di Rivoli Museo d’Arte
Contemporanea (1991), alla Whitechapel Gallery di Londra e al Kunstmuseum di
Winterthur (2013), al Musée de Grenoble (2014), al Nasher Sculpture Center di
Dallas e al Musée Cantonal des Beaux Arts di Losanna (2015), al Mart di
Rovereto e al Rijksmuseum di Amsterdam (2016), al Palazzo della Civiltà
Italiana di Roma (2017), e allo Yorkshire Sculpture Park di Wakefield (2019).
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